A short Christmas novel - Fratelli Lunardi
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A short Christmas novel

GLI OCCHI RIMANGONO

Breve racconto di Andrea Viscusi

Luca se lo ricorda, cosa hanno fatto l’anno scorso.

Erano partiti un giorno che era ancora buio, prima di uscire il babbo aveva spento le luci sull’albero, ma Luca voleva che continuassero anche se loro non erano a casa.

– Stiamo via una settimana – aveva risposto il babbo.

Lui in macchina aveva dormito e quando si era svegliato era giorno, e fuori erano in una strada diversa. C’erano sempre delle montagne lontane ma non avevano la stessa forma, erano fatte come la pastasciutta che la mamma gli faceva con il burro.

Si erano fermati ed erano saliti in una casa nuova che lui non aveva mai visto.

– È dove sta la nonna – aveva detto la mamma mentre salivano le scale. – Ci siamo già stati, ti ricordi?

Luca non era sicuro. Le scale erano tutte uguali, come faceva a saperlo?

Poi erano entrati in casa e allora aveva visto la nonna e ora sì, se la ricordava. Era quella signora vecchia che lo chiamava Luchino e a lui non gli piaceva, perché lui non era ino. Forse era piccolo l’altra volta, ma non più. L’anno prossimo doveva iniziare la scuola, lo sapeva questa signora?

La nonna gli stava sempre addosso e gli chiedeva se voleva un succo di frutta, se voleva i pennarelli, se voleva cantare una canzone. Era lenta a camminare ma se la trovava sempre dietro, che lo guardava con quegli occhi stretti con tutte le grinze intorno, sembrava sempre arrabbiata, e allora lui invece di guardare gli occhi guardava più giù, vicino alla bocca dove aveva anche dei peli come la barba che però le signore non devono averla.

Ma la nonna era anche quella dei biscotti. Li teneva sotto l’albero, che aveva poche luci ma profumava di più del loro, come il giardino in fondo alla strada. E sotto l’albero c’erano i biscotti, dentro una scatola incartata come un regalo ma era già aperta, e anche quelli profumavano, come di frutti caldi.

La busta dei biscotti era quasi trasparente e si vedevano dentro, e Luca allora l’aveva aperta perché non c’era nessuno nella stanza, ne aveva preso uno e gli aveva dato un morso e la nonna lo aveva visto. Camminava lenta ma era sempre dietro di lui ed era arrivata: gli occhi stretti con le grinze intorno, lo guardava e sembrava arrabbiata.

Lui si era fermato e aveva guardato giù, non quegli occhi.

– È buono? – aveva chiesto lei, la voce era come il rumore delle noci che si aprono.

Luca aveva fatto sì, ma senza parlare.

– Mangialo, non lo dico alla mamma – aveva detto la nonna ed era andata via.

Era rimasto da solo, lui con il biscotto che gli stava tutto nella mano e gli sporcava di marrone le dita. Ci aveva messo quattro morsi, e poi aveva leccato anche il marrone tanto non lo vedeva nessuno.

Questo ha fatto l’anno prima, se lo ricorda. E anche se non è sicuro che la nonna gli piace, ci vuole tornare perché lei ha i biscotti buoni.

Ma quest’anno non vanno dalla nonna.

– Natale lo facciamo qui in casa – dice il babbo.

Luca vorrebbe chiedergli se non ci vanno per punizione, perché la maestra gli ha detto che lui non è abbastanza bravo. La maestra non lo vuole, lui l’ha capito, è per questo che dopo che aveva iniziato ad andare a scuola gli hanno detto che doveva stare a casa. Forse anche la nonna pensa come la maestra e non lo vuole da lei?

Poi a casa arriva un pacco. Una scatola bianca e dentro c’è un’altra scatola, incartata come un regalo di verde e rosso con un nastro coi brillantini.

– È tuo – dice la mamma. – Te lo manda la nonna, è il tuo regalo di Natale.

Luca sa che i regali si aprono il giorno di Natale, ma tanto quando mamma e babbo sono con le cuffie davanti allo schermo a parlare con gli altri signori non se ne accorgono, e allora lui prende il regalo e lo scarta. Piano, senza fare rumore, senza strappare la carta così poi può rimetterla a posto.

Apre il pacco e dentro c’è una busta rossa. In basso è trasparente e si vede che ci sono quelli: i biscotti che aveva mangiato dalla nonna. La busta è diversa ma sono proprio loro. La nonna li ha mandati per lui.

Allora lo sapeva che gli piacevano? Allora forse non è vero che non lo vuole in casa sua?

Ma c’è anche un’altra cosa su quella busta. In alto, nella parte bianca, ci sono due occhi.

Sono stretti, come quelli della nonna.

È come se c’è lei lì che lo guarda. E stavolta Luca non sposta lo sguardo.

Quegli occhi, come quelli che vede fuori quando esce con la mamma. Gli occhi sono l’unica cosa che vede sulla faccia delle persone, non hanno più il naso e la bocca, il rossetto o la barba o le guance. Tutti si coprono la faccia con quelle strisce di carta azzurra.

Ma gli occhi rimangono.

Lui di solito non li guardava, ma ora gli occhi sono anche lì sulla busta dei biscotti e allora capisce.

La nonna non lo guardava arrabbiata. Quelli erano occhi che sorridevano.

Come la maestra. Come la mamma e il babbo quando vanno fuori. Come tutti quelli dei signori e delle signore che vede, anche se tengono la faccia coperta. Gli occhi si riconoscono.

Occhi stanchi. Occhi preoccupati.

Occhi attenti. Occhi curiosi.

Occhi dolci.

Luca scuote la busta coi biscotti. Sa che lì dentro c’è quel profumo di frutta, un po’ lo sente anche da fuori.

Ma si ricorda gli occhi della nonna, e allora rimette la busta nel pacco.

Lo chiude, risistema la carta. Posa il regalo sotto l’albero, dove stava.

La mamma e il babbo non se ne erano accorti, ma lui può aspettare.

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